Translate

lunedì 3 settembre 2012

Azienda Agricola Il Pratello

“ La qualità si fa in campagna “. Difficile non essere d’ accordo con Vincenzo Bertola titolare ( proprietario e’ il papà ) di questa agile e scattante azienda del Garda. Location molto bella comprendente anche agriturismo con ristorante e camere con vista lago. Il meteo non e’ stato dei migliori, qualche goccia mentre degustavamo, ma il resto della giornata e’ stata sicuramente migliorata dagli assaggi di vini estremamente interessanti, tutti o quasi con la certificazione Bio. L’ azienda si sviluppa su 42 ettari, presenti tutti i vitigni tipici del Garda, produzione complessiva di circa 280 mila bottiglie vendute in 24 paesi, solo uve di proprietà, non comprano nulla. La curiosità di visitare quest’ azienda era nata 2 anni fa quando al ristorante Quintessenza  ho assaggiato il Riesling riserva 2002 che diciamo mi aveva favorevolmente impressionato ( ho danzato sui tavoli dopo il terzo bicchiere ) e quindi insieme all’ Ill. Mo Dottor Salvatore Donato ( compagno di merende ) abbiamo iniziato la maratona degustativa.

Cuvee Brut Metodo Classico Chardonnay 100% 24 mesi:
Ottima bollicina, giallo quasi dorato, cremoso, buona acidità, bella beva

Igt Benaco Bresciano “Lagarder”  Riesling 2011:
Semplicemente strepitoso. Note di thè verde, lime. camomilla, menta, tabacco, leggero miele.
Grande acidità, pulizia olfattiva perfetta, molto persistente e grandissima bevibilità. 
Infinito. 6 € + Iva. Incredibile. Sicuramente uno degli assaggi migliori del 2012.

Igt Benaco Bresciano “Lieti Conversari” 2010 Manzoni Bianco:
Maturazione tardiva per quest’ altro interessantissimo vino. Frutta bianca, crema. Sentori
similChardonnay ( lo ha detto anche lui :D). Elegante, intenso e persistente.
  
Doc Garda Classico Groppello “Discobolo” 2010:
Rosso rubino vivace, mandorla, ribes, mora, bella acidità. Ricorda il Pinot Nero. Leggermente fresco invita a berne a damigiane. Gran bel vino, ideale da sbicchierare. Forse meglio in bocca che al naso.

Igt Benaco Bresciano Rebo “Nero per sempre” 2011:
Rebo, vitigno nato grazie all’ incrocio di Merlot e Teroldego. Frutta rossa al naso con bellissime note di fiori d’arancio, caramello e tante note balsamiche. In bocca non tradisce le aspettative, grande acidita’ e freschezza. Non diresti mai e poi mai che sprigiona 16° alcolici…..

Doc Garda Merlot “ Vasori’ “ 2009:
85% Merlot, 15% Shiraz. Buono, morbido ed elegante come quasi tutti i Merlot. Vino fatto appositamente per i mercati esteri.

Ripudiato 2010 Cabernet  Sauvignon stile Amarone:
Il procedimento per farlo e’ simil amarone. Ne esce un buon Cabernet Sauvignon con tutte le caratteristiche note. Sono vini che non mi interessano piu’. Difficile dare un parere.

Vino da tavola Lieti Conversari 2002 Manzoni bianco 100%:
Ringraziero’ Vincenzo per i prossimi 500 anni per avermi fatto assaggiare questo capolavoro. Il 50% passa in barrique, il giallo nel bicchiere e’ dorato con alcune venature ambrate. Miele, tabacco. alloro, rosa canina, cocco per un bouquet indimenticabile. Ancora robusta acidità con sentori di caramello e lime in bocca.
Copre tutto cio’ che abbiamo degustato prima. Abbinato al cotechino di Franceschini  uccidiamo il mercato Natalizio dei lambruschi.
  
Considerazioni finali:
Ottimi vini caratterizzati dalla pulizia olfatto gustativa. Non e’ necessario trovare potenza e struttura per fare del vino buono. Qui anche con gradazioni alcoliche che possono sembrare esagerate non le troverete.
Mi ripeto, estrema bevibilità per tutti i vini degustati.  

Massimo Barbolini




















mercoledì 22 agosto 2012

Visite d' agosto

E'' con immenso piacere che ospito il racconto dell' amico Salvatore. calabrese doc, trapiantato nelle lande desolate padane.

San Marco Argentano, 17 agosto 2012.

Follia è la parola con cui comincia questa nostra visita all' azienda L'Acino Vini che ha sede in questo bellissimo paese dell'entroterra calabrese. Antonello ci accoglie con la sua splendida chioma corvina e, mentre ci accompagna ai suoi sei ettari di vigna piantati fra queste colline dolci, levigate da un vento leggero e costante, ci confessa che spesso gli capita di pensare che ha commesso un atto di follia. Ha lasciato la carriera di regista per dedicarsi alla vigna e lo ha fatto senza avere nessuna eredità da curare, nessuno studio alle spalle, ma solo tanto amore per questa terra: per la sua terra.
Noi gli diciamo che il folle ha sempre un vantaggio sul savio: il folle non ha coscienza della propria pazzia.
Ci parla della sua ammirazione per i dipendenti pubblici, sempre troppo bistrattati, e di come è difficile fare il vignaiolo in Calabria, perché qui questo mestiere non conferisce né onore, né rispetto, ma al massimo una infastidita indifferenza.
Il terreno su cui cresce la vigna di Antonello è sabbioso, per niente compatto, eredità dell'antico letto di un fiume che immaginiamo di dimensioni imponenti. La coltura segue i dettami del biologico e del biodinamico e, ci spiega Antonello, questo può conferire al vino particolarità e difetti che lo possono rendere unico e difficilmente riproducibile.
Chiediamo al nostro ospite quali siano i vitigni autoctoni calabresi e lui parte con un elenco la cui lunghezza ci sorprende. Ci sono il Mantonico e il Mantonico Pinto, il Magliocco, il Gaglioppo, il Greco bianco e il Greco nero, addirittura un Aglianico, quello di Cassano allo Jonio e, infine, la Guarnaccia nera, sulla quale Antonello si sofferma un attimo, per dirci che vuole farne un vino.
Nel tornare verso l'azienda e l'agriturismo che ci ospiterà per il pranzo, ci fermiamo ad ammirare un'antica vite ad alberello del 1923, Guarnaccia nera e Magliocco, e le costruzioni in bio-edilizia tipiche di questa zona. Case fatte con mattoni, frutto dell'impasto di argilla e paglia, e tetti il legno. Calde d'inverno e fresche d'estate.
Arrivati alla Masseria Perugini, Contrada Prato a San Marco Argentano, ci fermiamo in cantina per una piccola verticale al contrario del Mantonicoz, il vino di Mantonico in purezza, prodotto di punta dell'azienda e vino per il quale ci siamo interessati ad essa.
Poi il pranzo, tipico calabrese, con un ricco antipasto fatto di prodotti a "chilometro zero". Una ricotta sublime, salumi profumati e pastosi, olive al forno che per me sono come le madeleines per Proust, melanzane sott'olio in pefetto equilibrio e un primo che consiste in un bel piatto, dimensione tipica delle pietanze bruzie, di maccarruni, pasta lunga fatta in casa con sola farina e acqua.
Io li prendo al ragout calabrese, ma Antonello un po' mi sgrida perché, dice, "con il pomodoro si sente meglio il sapore della pasta". Abbozzo, ma mangio a quattro palmenti!
Durante il pasto, tenuto nel cortile della masseria, cullati da una brezza fresca parliamo un po' di tutto, dai vini assaggiati, alle piccole storie personali; dalle farine con le quali fare i "tajarin", al tartufo calabrese nelle sue tante varietà, anche queste, ahimè, ancora sconosciute e di tanto altro, come della vacanza che qui, qualche giorno fa, ha trascorso Jonathan Nossiter.
Ci salutiamo verso le 18, quando il caldo ci offre una tregua, con la promessa di rivederci nelle varie e importanti fiere di vini naturali e con la certezza di aver conosciuto una delle migliori promesse fra i giovani vignaioli italiani.

Vini degustati:
Trebbiano Camillo Donati 2007. Offerto da Antonello che dice:"Lo avevo lì da tempo, chissà se è ancora buono..." Buono? Eccezionale per equilibrio, mantenuto in questi cinque anni. Nessuna sbavatura. Floreale e di un erbaceo intenso. Corpo conferitogli dalla fermentazione in bottiglia. Una piacevolissima conferma.

Mantonicoz 2008
Ecco l'eccellenza della cantina di Antonello. Mantonico pinto in purezza. Sentori erbacei maturi. Al palato una freschezza e sapidità equilibrate dalla struttura di un vino che, sentito quello del 2011 e del 2010, ha bisogno di cinque anni di maturazione , prima di essere bevuto. Elegante, intenso, memorabile. L'erbaceo fresco si fa sentire in tutta la degustazione, da quella olfattiva a quella gustativa. In evoluzione, note minerali che ricordano gli Chablis e gli Chardonnay di Borgogna. Fortemente consigliato.

Tocco Magliocco 2007
Per un malaugurato errore , ma è un peccato veniale, ci viene servito ad una temperatura eccessivamente fredda. Decidiamo di aspettare, ma non resistiamo e versiamo nel bicchiere, sperando di riscaldarlo con le mani. Una nota accentuata di amarena ci colpisce subito, ma è un trompe l'oeil enologico. Dopo qualche minuto, l'evoluzione dei profumi ci trasporta verso un inebriante profumo di rosa canina che, preso il sopravvento, non ci abbandona mai.
Il tannino persistente, ma gentile, fa di questo vino un vino capace di restituirci per mezzo dei sensi tutta la durezza del lavoro di questo produttore. Il Magliocco è vitigno di struttura, capace di regalare emozioni nell'arco di cinque anni, secondo Antonello e il suo Tocco Magliocco lo conferma ampiamente. Io ci ho sentito anche la viola e la liquirizia, ma la nota prevalente è quella della rosa canina (pare di essere in un roseto). Da bere.

Tocco Magliocco 2008
La conferma di quello che ci ha detto Antonello. Manca un anno a questo vino, per raggiungere la maturità papillo-olfattiva che dimostra di avere in potenza. Pazientate fino al 2013, ma, se proprio non ce la fate, bevetelo.

Chora rosso (vino d'annata)
È il vino, indebitamente definito come vino base, con cui l'azienda vuole soddisfare le esigenze di chi vuole bere, per un aperitivo, un vino che abbia una buona struttura.
Uvaggio di Magliocco, Guarnaccia nera, Aglianico di Cassano, Greco nero.
Bell'equlibrio e discreti profumi per un vino che si propone come lieto compagno di un aperitivo o di un pranzo a base di salumi me formaggi freschi.

Chora bianco (vino d'annata)
Uvaggio di Mantonico, Guarnaccia bianca, Pecorello e Greco di Bianco.
Anch'esso nasce come vino leggero da antipasto, ma, signori, che vino!
Floreale e sapido al punto giusto. Perfetto equilibrio al naso e al palato, lascia una bocca pulitissima e un naso ricolmo di profumi leggeri, mai invadenti, eppur presenti. Se ne beva tanto!

Salvatore Donato




mercoledì 28 marzo 2012

Borgogna 2012


Eh si, siamo andati, partiti, alle prime luci dell’ alba. La strada era lunga, il mezzo di trasporto molto meglio del previsto, le facce belle perche’ si viaggiava per diletto. Il confine, il sole, lo spuntino, la periferia di Lione, l’ arrivo, manca una camera eh no! Trovata, riposino, navigatore, Jean Guiton e la poesia assoluta di un minuscolo produttore che serenamente ti dice, “ La crisi ? “, “ Quale crisi?. E tu pensi, assaggi, degusti, ti esalti, salti, ascolti, capisci, ti commuovi, ti rendi conto della tipicità assoluta del luogo dove ti trovi. 10 Pinot nero diversi tra loro, in tutti i sensi. E continui a pensare, lui si scioglie, merito anche dei 2 kg di Parmigiano, arriva, la apre, e’ una denominazione piccola, e’ un volgarissimo Beaune 1er Cru, il 2003, Les Sizies, cazzo che caldo. Guglielmo ( Guiton ) spiega: “ Questa e’ la dimostrazione che in vigna ci vuole tanta fortuna. Il Pinot Nero ha bisogno di forti escursioni termiche e l’ annata che berremo e’ stata assolutamente la piu’ calda degli ultimi 100 anni. 40° di giorno e 35 di sera, zero escursione termica.” Perche’ dice queste cose? Stappa, versa, porti il calice al naso ed entri in un mondo sconosciuto, quello della bottiglia perfetta, non c’e piega, c’e’ tanta sostanza, c’e’ amore, c’e’ storia, c’e’ rispetto per la natura, c’e’ e Vacca Boia se c’e’, il Terroir. Passa l’ animale e arriva il frutto, invade il balsamico e sniffi cioccolata, ma e’ salvia questa???. Vino indimenticabile. Quasi 2 ore sono già passate e Guglielmo  saluta, ci ringrazia per la visita e se ne va tra i cavalli che lo aiutano in vigna. Poi c’e’ stato anche altro, la Caves Madeleine,  Raveneau, Legros, Jadot, l’ escargots, la compagnia, il gruppo, le risate, i sigari ( :D ), la pioggia del ritorno, la Barbera 2002 di Luciano Sandrone, l’ incomprensibile abbandono del manto stradale dell’ autostrada Torino – Bardonecchia, Sousa ( :D ), video da censura e spese folli. E cosi’ si rientra, si ricomincia, tutto torna alla normalità. Molte cose resteranno, l’ amicizia, il gruppo, l’ essenza, il vino, la vita, la Borgogna, la fortuna di vivere giorni come questi. Che bello!

Grazie a Dario-Daniela-Mark-Marco-Fabio-Salvatore-Paolo

Massimo Barbolini









Vinitaly 2012


Anche per quest’ anno la faticaccia e’ finita. Bella giornata quella di lunedì conclusa con cena ottima alla Trattoria la Ruota a Negrar dove vi consiglio di andare per cibo, vino e il panorama mozzafiato che si puo’ gustare, magari tra qualche grado in piu’. Dispiace molto non essere riuscito ad entrare ( fila chilometrica, meglio così ) al padiglione dei vini naturali. Pronti? Via, agli assaggi!

Dai 90/100 in su:
Pinot Bianco Mauro Drius 2011. Grande acidità, naso agrumato con note di frutta esotica. 
Muller Thurgau Stoass 2010 Pfitscher.  Persistenza enorme, grande chiusura gustativa.
Grattamacco Bolgheri Rosso Superiore 2009. Nonostante rimanga dubbioso su certi vini…Stupendo
Toscana Igt Siepi 2007 Castello di Fonterutoli. Come sopra, dalla struttura già imponente. 
Champagne B. Paillard Brut Premiere Cuveè S.a. Il primo di tre assaggi straordinari
Champagne B. Paillard Rosè Brut S.a. Il secondo…
Champagne B. Paillard Millesimè 1999. Da Antologia, sensazione finale di lieviti e crema pasticcera.
Barolo Le Brunate 2008 Francesco Rinaldi e Figli. Poche storie, la sorpresa e l’ assaggio piu’ elegante.
Amarone della Valpolicella 2006 La Case dei Bepi Viviani.  Al ristorante, memorabile.
Lacrima di Morro d’ Alba passito 2006 Stefano Mancinelli. Commovente.
Greco di Bianco passito 2007 Ceratti.


Altri assaggi degni di nota:
La Tosa Terrafiaba. Spumante Charmat da berne a secchi appena arriva il caldo.
La Tosa Vignamorello 2010. Il Gutturnio non mi piace, ma questo vale.
Franciacorta Docg Extra Brut 2008 Faccoli. Sempre Grande.
Broy 2010 E. Collavini. Altra certezza.
Collio Bianco Jelka 2009 R. Picech.  Non me ne sono perso una annata.
Collio Friulano 2011 Mauro Drius.
Terre Brune 2008 Santadi. Sempre in condizioni splendide.
Latinia 2007 Santadi. Da uve Nasco, grasso e opulento forse troppo.
Rosso di Montalcino 2010 Colle Mattoni
Rosso di Montalcino 2010 Poggio dell’ Aquila
Brunello di Montalcino 2007 Poggio dell’ Aquila
Barbaresco Coparossa 2008 B. Rocca
Barbaresco Rabaja 2008 B. Rocca
Barbaresco Maria Adelaide 2008 B. Rocca
Langhe Nebbiolo Fralù 2009 Bruno Rocca
Alberello 2009 Podere Grattamacco

Ce ne sono stati altri dei quali parlerò singolarmente.

Massimo Barbolini





lunedì 20 febbraio 2012

Locanda del Feudo - Castelvetro -


Castelvetro e’ un bellissimo Borgo, con ancora tantissima neve, ma quanta ne e’ venuta? Indi per cui la scelta del nome “ Locanda del Feudo “ e’ estremamente azzeccata, non per la neve ovvio. E’ nel cuore del paese, in pieno centro, vicino ad altre realtà gastronomiche. L’ accoglienza e’ già degna di rilievo, quando s’ incontrano ristoratori educati, professionali e non necessariamente simpatici si dovrebbe “ stellarli “ solo per questo. Il tavolo e’ nella prima sala a destra, comodo, belle sedie, solamente coppie, scelta fatta appositamente suppongo. Il piano di sotto e’ ancora meglio, cantina e come si vede dalla foto qui sotto spazio per alcuni tavoli. Ambiente super. Menu’ non molto ampio, lo adoro, carta dei vini interessante, anche quella al calice, molti distillati al bicchiere con prezzi buoni in alcuni casi. Scelgo il magnifico Carmignano 2008 Terre a mano della fattoria di Bachereto. Splendido, pieno, grasso, corposo, animale, fruttato, speziato, lungo, interminabile, persistente, quasi infinito, a un passo dal paradiso. A occhio 95/100. Concluso il primo orgasmo domenicale, ne seguiranno altri, si passa alle pietanze. Non mi dilungherò tanto, quello che mi preme trasmettere e’ che si mangia veramente bene. Non analizzerò ogni singolo piatto, ma mia nonna che ha avuto un ristorante con 120 coperti tra pranzo e cena tutti i giorni per 22 anni mi ha sempre detto che la mano di uno Chef si vede soprattutto quando c’e’ da cucinare il piccione. Ebbene, qui l’ ho mangiato quasi perfetto. Soprattutto e viva Dio sapeva di piccione, una piccola nota selvatica e’ rimasta, straordinariamente abbinata alla salsa di carciofi. La cioccolata in tazza col peperoncino e' una di quelle cose che ti rendono la settimana migliore.  Il resto del pranzo e’ stato un buon gradino superiore alla media ( mia ).

Cosa mi e’ piaciuto: Il servizio, il cibo, il vino, l’ambiente che all’ apparenza sembra ingessato ma i ragazzi in sala ti mettono all’agio che preferisci. Si può anche dormire. 

Cosa non mi e’ piaciuto: I 4 € di coperto. Da eliminare. A memoria ( posso sbagliarmi ) non ho visto  nella carta dei vini bianchi e rossi francesi, tedeschi. La mancanza del Calvados :-)





 Varie tipologie di pane: al prosciutto, alle castagne, al curry, grissini e gnocco produzione propria
 Vino Straordinario
 Tortino di zuppa imperiale con vellutata di fagioli cannellini e zampone sgranato.
 Crema e misticanza di finocchi con crostini alla liquirizia.
 Piccione marinato all’ olio aromatizzato all’ alloro con salsa ai carciofi, foglie di spinaci al burro e balsamico tradizionale
Guancia di maiale con il suo fondo bruno, tortino di polenta e patate, radicchi di campo 
 La mia Africa: tortino alla cannella, cioccolata in tazza al peperoncino, budino all’ anice stellato, cioccolato e liquirizia. 
 Un Caol Ila full proof da 64° con note fume', vaniglia e sigaro toscano, da film
 Il tavolo vicino la cantina, prossimo obiettivo

lunedì 13 febbraio 2012

Barolo


Rimani basito, non trovo altri termini. Una sola delusione, totale, il Gavarini Chiniera 2005 di Elio Grasso, stanco, tanto, una sensazione olfattiva davvero sgradevole con punte quasi di frutta rifermentata, bocca altrettanto morta, peccato. Un pelo meglio il Carobric 2006 di Paolo Scavino, salvato da note di tabacco nitide e molto accattivanti al naso ed una microscopica eleganza che non tarderà ad arrivare. Gli altri tre tutti su livelli gia' ora straordinari. A cominciare dal vincitore incontrastato, il Bricco Ambrogio 2006 di Paolo Scavino. Maestoso Barolo con note di ribes, sottobosco, mora, spezie in genere e una presenza costante di pepe. Esplosione gustativa eccezionale, lungo quasi infinito, grande vino. Poco piu' sotto, quasi a pari merito, il Ginestra Casa Matè 2005 di Elio Grasso e il Barolo 2006 di Paolo Scavino, il primo quasi perfetto già adesso certamente il più pronto di tutti. Il secondo dominato da una eleganza gustativa che gli altri ancora non hanno. Vini indubbiamente non alla portata economica di tutti ma ogni tanto lo si può fare. Lo si deve fare. 

Massimo Barbolini


lunedì 6 febbraio 2012

Apoteosi a Indianapolis!





NY GIANTS 21 - NEW ENGLAND PATS 17
CAMPIONI!